Trasformismo parlamentare (favorito dall’indebolimento delle ideologie); instabilità politica; 65 Governi in 73 anni di storia della Repubblica Italiana; Esecutivi che, di fatto, non scelgono e disperdono le loro responsabilità all’interno di coalizioni "posticce" e disomogenee; ricorrente paura delle urne per via del timore (anche a causa di leggi elettorali maggioritarie con premi in seggi che hanno sostituito il vecchio sistema proporzionale puro, annacquando di fatto i quorum) di consegnare il controllo delle due Camere e dunque il Governo, pressoché indisturbato, del Paese agli “odiati” avversari politici; preoccupante delegittimazione e radicalizzazione dello scontro politico. Queste le vicende cui assistiamo puntualmente ad ogni crisi di governo (e quella in atto non fa eccezione), le quali mettono in risalto i difetti, i limiti e le degenerazioni dovute all’eccesso di parlamentarismo che nel 1948 traeva nobile giustificazione dall’uscita del Paese da un regime autorit
Governare una città complicata come Roma costituisce, lo penso da molto tempo, l’incarico amministrativo più gravoso, impegnativo e difficile d’Europa. Una congerie di problemi, inefficienze, diseconomie, interessi corporativi e sindacali, non sempre limpidi, stratificati da decenni, paralizzano di fatto la città causando un lento e inarrestabile declino che si ripercuote su ogni aspetto socio-economico comportando un costante peggioramento della qualità della vita. La Capitale d’Italia, sembrerà paradossale, è vittima di una burocrazia asfissiante e, in genere, di una politica che con dinamiche e pratiche “ malsane ", ben note, inconciliabili con le moderne esigenze della produzione, giocoforza, spaventa, allontana, menoma o, ben che vada, condiziona il ceto produttivo sano capitolino (e non solo quello capitolino) a scapito di organizzazione, progresso, legalità, ricchezza e innovazione. Da tempo immemore nella città manca un grande piano di decoro e controllo urbano: Roma pur n